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Cenni storici

 

Fino al 1960 la strada che portava al Monastero era “a fondo cieco”, il visitatore oggi non può vedere la casa in cui abitava il sacerdote addetto alle funzioni religiose monastiche, poiché è stata costruita l’attuale via Monastero che ha diviso in due anche il grande giardino. Mentre l’abitazione che fu del fattore è parzialmente visibile in un cortile sul lato sud di via Bologna.

 

 

 

Chi visita il Monastero è costretto, perciò, a ricostruire mentalmente la situazione originaria, quando all’area monastica si accedeva dall’ancor visibile portale ad arco, 1710, sormontato da una statua della Madonna affiancata da due angioletti.

 

 

L’edificio ad un piano che si incontra dopo aver oltrepassato il citato portale, risale al secolo scorso e fu costruito da chi acquistò parte del Monastero.

Il primo documento attendibile, in cui viene citato il Monastero è una bolla di papa Giovanni VIII dell’877 in cui si confermano al vescovo di Pavia i monasteri extra diocesani di Cairate e Sesto Calende.

Seguirono altri privilegi imperiali e conferme papali, soprattutto nei periodi in cui le monache si sentivano minacciate.

 

Per circa un millennio il Monastero, che possedeva i 2/3 del territorio cairatese e i 4 mulini, è stato il centro economico e sociale di Cairate.

La vita claustrale diventò una regola solo dopo la Controriforma, non devono perciò meravigliare le conseguenze della vicinanza con lo “xenodochio” dove trovavano ospitalità viandanti e pellegrini.

La tradizione vuole che il Barbarossa, la notte prima della battaglia di Legnano, abbia fatto sostare il suo esercito nella piana di Cairate e lui sia stato ospitato nella foresteria.

Questa fu l’occasione in cui le monache si sdebitarono per un privilegio avuto nel 1158. Inevitabile dopo Legnano, l’aumentata influenza di Milano, dapprima con i Torriani e poi con i Visconti, dopo la distruzione di Castelseprio nel 1287.

La nuova situazione è documentata anche nel Monastero con la presenza di stemmi viscontei dipinti e scolpiti, abbinati a quelli della famiglia Cairati, qui presente con un ramo secondario, perché quello principale si era trasferito a Milano. In paese vi era poi una residenza dei Visconti, conosciuta come “il castello” (tra le attuali vie Dante e XX Settembre) abitati in seguito dal feudatario. Dopo i Visconti anche gli Sforza concedono dei privilegi al Monastero.

Durante i lavori di adeguamento dell’edificio alle norme emanate in seguito al Concilio di Trento, la chiesa monastica assume un nuovo aspetto architettonico e viene decorata con affreschi di Aurelio Luini.

È in questa occasione che viene trovato, secondo lo storico Tristano Calco, un sarcofago, ancora visibile oggi, contenente le spoglie di una donna “riccamente abbigliata”, che viene creduta Manigunda, la fondatrice. In epoca spagnola anche Cairate “viene infeudata” ad esclusione del Monastero.

Siamo nel 1654 e il feudatario è Giacomo Legnani fino al 1667.

Due anni dopo il feudo viene riacquistato da Alfonso Turconi al quale succede il figlio nel 1701.

 

Con gli Austriaci il destino degli enti monastici è segnato: il nostro sopravvive fino al 1799 per aver dimostrato di essere utile alla società.

Ma ciò non impedisce a Napoleone di decretarne la soppressione con la conseguente vendita all’asta dei beni.

L’edificio viene diviso fra quattro nuovi proprietari che adattano i locali ai loro fabbisogni.

 

Il chiostro presenta un porticato a due ordini di archi, sostenuti da colonne e capitelli in arenaria. La sua costruzione si può far risalire alla metà del XV secolo. Scolpito sulla parete nord del chiostro, in pietra arenaria, si trova l’ emblema di San Bernardino da Siena, consuetudine negli anni tra il 1419 e 1422 apporre il ricordo tangibile, quale segno del passaggio del Santo, in occasione della sua visita in Lombardia.

 

Entrando nel chiostro non è facile accorgersi che i suoi quattro lati non formano un quadrilatero perfetto, ma un trapezio, ciò è spiegabile dalle diverse epoche di costruzione, come è stato dimostrato dagli scavi archeologici del 1981.

 

 

 

 

 

Sulle pareti dei portici del primo piano,vengono affrescate, probabilmente nel XVIII secolo le stazioni della via Crucis. 

 

Vi sono, inoltre, affreschi presenti anche al piano terreno, quasi totalmente scomparsi ad eccezione di una rappresentazione di San Benedetto raffigurato in colloquio con la sorella Scolastica e di alcuni affreschi che sono stati da poco restaurati.

 

La presenza di un muro che divideva a metà il chiostro rendeva un po’ insolita la parte centrale del Monastero; il muro fu costruito per suddividere il nucleo centrale in seguito alla cessione a privati e verrà abbattuto nel 1990.

 

 

 

 

 

 


I documenti non parlano della costruzione di un muro divisorio all’interno del chiostro, si ipotizza che l’anno di costruzione sia tra il 1815 (anno di morte di Gaspare Ponzoni, unico proprietario del nucleo centrale del monastero) e il 1850/57 (epoca in cui i proprietari divennero due: Fornasari e Uberti).
Successiva modifica avviene con il tamponamento della parete superiore del chiostro per il lato da ovest, di proprietà Maggioni. Anche qui non si ha una datazione precisa, l’unico dato certo è che la chiusura del Monastero dovrebbe risalire a prima del 1929, fino a quell’anno si hanno informazioni e ricordi legati ad affittuari che hanno abitato al Monastero. La fabbrica con il chiostro in particolare, intorno agli anni ‘60/’70 ha vissuto il periodo di massima decadenza, mostrando una situazione di grave degrado e pericolosità, soprattutto per l’instabilità di alcune colonne. Si è in parte ovviato a questo con il restauro statico del chiostro avvenuto nel 1982.     

Finalmente nel 1975 la parte occidentale del chiostro viene acquistata dall’ente comunale, mentre la parte occidentale, solo pochi anni fa, è divenuta proprietà pubblica grazie anche all’interessamento dell’ente provinciale, che lo acquisterà negli anni successivi.

Oggi il Monastero è in fase di restauro.

 

L’acquisto da parte del Comune

 

Alla metà del 1900 il monastero risulta così suddiviso:


• L’ala nord, verso la campagna, di proprietà dell’Immobiliare di Cairate;


• Il nucleo centrale e parte ovest del chiostro, della Signora Maggioni;


• La restante parte del chiostro, ad est, delle Suore dell’ Immacolata Concezione d’Ivrea, in peggiore stato di conservazione rispetto alle altre.


Ospita inoltre dal 1960 la scuola media statale, nella parte dell’ Immobiliare di Cairate.
La condizione generale dell’edificio non sembra ottimale; viene segnalato in questo periodo il problema dell’arco d’ingresso  "un pericolo per l’opera e per le persone” ; di cui nessuno vuole assumersi l’ onere della riparazione.
A partire dagli anni sessanta vi è un interessamento verso il Monastero per merito del Professor Luigi Maino, ispettore della Soprintendenza, il quale dà inizio ad un processo di sensibilizzazione volto al suo recupero da una condizione di dimenticanza e dai gravi danni arrecati dall’incuria nel corso degli anni. Viene sottolineato in particolare lo stato di degrado degli affreschi in particolare quello del Luini (allora sconosciuto) e la necessità di un loro “salvataggio”.
Questo porta ad un sopralluogo della Soprintendenza per l’affresco e l’assoggettamento del Monastero nel 1964 a vincolo monumentale per la parte di proprietà della Signora Maggioni e delle Suore d’Ivrea. Per ottenere i fondi per il restauro si pensa ad un museo all’ interno del Monastero, per poi chiamare allo stesso le sovvenzioni necessarie per la sua costituzione.
Il Comune inizia quindi le trattative per l’ acquisto della parte di proprietà delle suore d’Ivrea e il restauro.
Il primo ottobre 1976 si stipula l’atto di vendita tra le Suore e il Comune per una parte di Monastero con annessi terreni adibiti a cortile e giardino. Iniziano così i lavori di restauro.
Con la decisione di acquisto della parte di Monastero di proprietà delle Suore d’Ivrea, viste le condizioni di degrado più volte sottolineate, il comune ne preventiva anche i lavori di restauro. Progettista dei lavori verrà nominato l’arch. Cerini.
È indispensabile intervenire sulla copertura, in particolare si vuole ripristinare sul lato sud la forma originaria  della copertura.
Dal settembre del 1975 hanno inizio i lavori di restauro della copertura.
Per quanto riguarda gli affreschi la Soprintendenza si assume tutti gli obblighi e le responsabilità relative al restauro, compresi gli oneri finanziari.

La chiesetta di S. Maria (dettaglio)

 

 

 

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